La spedizione degli Zimbonauti - un diario

 


Diario della spedizione dei Manzonauti in Zimbabwe (gli Zimbonauti !)

Venerdì 12 aprile. Partenza
Eccoci! Finalmente si parte.
Dopo una serie interminabile di scambi sulla chat che spaziano dai vaccini ai biglietti aerei ed ai suggerimenti operativi (torce, creme solari, cappellini, soppressione tifosi a strisce, etc…) in un pomeriggio estivo (terreno leggermente allentato, 35 mila spettatori, arbitra il Sig. Pirandola da Lecce) il van che Sergio ha prenotato (applausi per lui) carica i primi Zimbonauti davanti al cinema Fiorella (coincidenza non indifferente perché tutti gli Zimbonauti si dimostreranno cinefili di livello…) con valige e borsoni (2 colli a testa).
Gli Zimbonauti nel van raggiungeranno la prima wave dei loro simili già in Zimbabwe.
Appena raccolto l’ultima coppia di Zimbonauti, partenza per Milano come se non ci fosse un domani. Il Sig. Miniati guida da par suo il van che raggiunge Malpensa senza problemi, dopo la canonica sosta per la pipì (sarà una costante del viaggio…), prime socializzazioni in van.
Nel gruppo, il videomaker (lavoro preziosissimo) Simone perfetto rappresentante del multitasking (dal Victorinox alla patente nautica) poi la donna GPS, Ornella bomber e la nostra Letizia Battaglia (però viva), Paola con la sua mirrorless. Poi l’elemento chiave, Gianna…e Sergio il Mark Spitz di Coverciano (mi verrebbe più, dopo averlo conosciuto, Mark Spritz…) quindi l’umanista Valerio (con cui condivido una esperienza alla Scuola di Guerra Aerea, io da militare lui da professore). Traspare una fortissima preferenza per il colore viola…
A Malpensa ricongiungimento con Ferdinando (musician ed in odore di scudetto).
Formalità al check in, qualche valigia riaperta per mettere o togliere le ultime cose, ultimi acquisti tecnologici (caricatori, portacellulari) e via a mangiare qualcosa (personalmente una milanese da tre etti con patate che appesantisce non poco l’A300 che ci porterà ad Addis Ababa).
Sabato 13 aprile
Arrivo ad AA, tocco del suolo etiope, transito in aeroporto, un caffè, qualche chiacchiera ed in coda per il volo verso… Harare? Ma nemmeno per idea! La variabile impazzita della programmazione voli dell’Ethiopian Aerlines ci fa fare scalo a Lusaka, capitale dello Zambia.
Questo ci costa più di un’ora ed arriviamo finalmente ad Harare nel tardo pomeriggio. Sbrigare le operazioni di ottenimento del visto non è una passeggiata, grazie alla puntigliosità dell’addetta che chiede l’indicazione dell’indirizzo esatto di soggiorno in Zimbabwe, sarei tentato di scrivere “Tapioca Road, come se fosse Antani, 235” (Cit. Amici Miei”), ma alla fine riusciamo a divincolarci pagando il visto ed andiamo a prendere valigie (alcune di esse danneggiate) e borsoni.
Usciamo a braccia levate (tipo Tardelli al Mundialito dopo l’espulsione) dall’aeroporto e ad attenderci la prima wave ( Stefano, Monica, Laura, Julia, Lassi e Lawrence), baci abbracci e subito in marcia perché vorremmo evitare di viaggiare di notte.
Mezzi a disposizione: Toyota Land Cruiser e Toyota Hiace pieni zipilli fino all’inverosimile con bagagli pericolosamente in bilico sulla testa dei passeggeri e strapuntini basculanti stile sidecar.
E via sulla strada, che assomiglia pericolosamente alla Firenze Siena di qualche decennio fa (no guardrail, no jersey) con Lawrence che guida (anche troppo a volte) disinvoltamente, facendo arrancare l’Hiace della seconda wave, stracarico, nei sorpassi.
Scopriamo che in Zimbabwe non si usa il triangolo per segnalare un incidente od un veicolo fermo (e ce ne sono diversi in ogni punto della strada) ma si mette sulla strada una frasca di un albero.
Battute: “la frasca delle Bermude”, oppure “la frasca no non l’avevo considerata”.
Ci renderemo poi conto che le distanze non saranno propriamente una passeggiata ma, a parte qualche episodio un po' più a rischio, stare tutti insieme stimola battute che rendono (forse) più leggera la fatica dei trasferimenti.
Battute: “dal lodge al domani”, “vitto ed allodge”, e “meglio un uovo lodge che una gallina domani”.
Destinazione Musangano Lodge, sosta per pipì, sorpasso drammatico ad un armadio a tre ante che sembra decollare da un momento all’altro dal camioncino che ci precede ed arrivo (con il buio e quindi tutte le distanze sembrano più lunghe, siamo anche un po' provati…) con assegnazione dei lodge (molto belli) ognuno con un nome (a noi e Sergio e Gianna tocca il Chamfuta) sistemazione e via a cena. Conoscenza delle birre locali (Castle e Zambesi).
La cena ci serve per tirare un po' il fiato, fare il punto della situazione ed ascoltare dal nostro Líder Máximo il programma per il giorno dopo. Che è un programma tranquillo.

Domenica 14 aprile.
Scopriamo che le distanze che la sera ci erano sembrate enormi, sono in realtà contenute e familiarizziamo con i sentieri del lodge.
Escursione insieme alla guida Bright (nomen omen, manco per idea) nel parco nel quale il lodge è immerso, chiacchiere conoscitive durante l’escursione, foto di rito e pomeriggio di relax ed inizia il contest tra Valerio e  Sergio sulle foto ai tramonti…(con e senza albero di riferimento)
Simpatico contrattempo di smarrimento chiavi [con la parola “chiave” che tormenterà Gianna per tutto il periodo, stimolando anche in questo caso riferimenti cinematografici (La Chiave, Non aprite quella porta)], cena piacevole come al solito e via a letto, anche perché l’indomani ci aspetta la prima levataccia destinazione St. Michael (dove c’è l’ambulatorio che abbiamo adottato io e Chiara).

Lunedì 15 aprile.
Sveglia antelucana, colazione al sacco, deposito valigie e via, questa volta a bordo della Land Cruiser presidenziale, anche se stare sullo strapuntino posteriore  mi fa assumere la posizione da dervishes turners che girano sulle spine dorsali (Cit. Franco Battiato, Voglio vederti danzare…) per un trasferimento che, alla fine si rivelerà il più faticoso (ancora più del temuto Avila di qualche giorno dopo) con un’ora e mezzo di mulattiere tipo Camel Trophy E sì che ero nella cuccia presidenziale (cit. Valerio).
Com’è come non è dopo la sosta per colazione ed, ovviamente, pipì, arriviamo un po' in ritardo a St. Michael e qui l’emozione ha il sopravvento. Difficile mettere su carta le emozioni che sono tante (abbiamo dedicato St. Michael al babbo della Chiara) ma riceviamo un’accoglienza da brividi con spettacoli, canti, esibizioni che, sarà una costante, danno a noi molto più di quanto noi abbiamo dato, in generale, a queste persone.
E scopriamo, ed anche questa sarà una costante, quanto immenso sia stato il lavoro di Stefano, giustamente menzionato e ringraziato in più di una occasione. Interventi delle varie autorità (c’è anche un rappresentante del Governo), discorso di Stefano (“abbiate sempre speranza”) discorso della Chiara (che promette di tutto e di più…) e taglio del nastro in preda ad una evidente commozione. Scambio dei rispettivi doni (per ogni ambulatorio abbiamo portato dei borsoni con materiale medico, alcuni farmaci, un computer).
L’ambulatorio deve essere ancora un po' attrezzato ma Stefano ha programmato una serie di attività di interazione con coloro che dovranno gestirlo, esplicitate nel briefing post pranzo, che lo porteranno ad essere funzionale. Scopriremo nei giorni a venire che St. Michael è il villaggio messo peggio, e l’ambulatorio, con i suoi colori ed i suoi loghi, contribuisce a ristabilire, per quanto possibile, un po' di normalità.
Si pianta un albero, come faremo in tutti i villaggi, poi pranzo con taglio della torta che ci è stata donata insieme alle altre attestazioni di ringraziamento, foto di rito con le persone del posto (cuoche, scout, autorità) e, un poco preoccupati per il ritorno, si riparte tra i saluti festosi dei bambini, non prima di essere tornati indietro dopo qualche chilometro per avere dimenticato un paio di cose al villaggio…
Tappa al Musangano Lodge, qualche recriminazione per la guida ancora una voltà un po' disinvolta di Lawrence sull’Hiace (e questa volta verrà catechizzato) e per recuperare i bagagli direzione…Alcatraz (Stella Maris). Perché Alcatraz? Mah forse Alcatraz sarebbe stato anche meglio ma questa sorta di ostello/convitto diocesano (Stella Maris appunto), nonostante sia apparentemente ben organizzato, con costruzioni ordinate e carine, nasconde all’interno una Gomorra abitativa che ti fa ripensare alla caserma con bagni comuni (promiscui, cosa che in caserma mancava…) con camere non propriamente accoglienti.
Battuta: siamo passati da Chamfuta e Chauncazzo…
Stefano e Monica che pure avevano già soggiornato qui non avevano avuto il piacere di questa sistemazione che, sinceramente, spiazza un po' tutti ma la prendiamo a ridere comunque anche perché, dai, andiamo a cena. Meglio mi sento…soprattutto grazie alle bevande, perché scelgo un’aranciata (Sparkletta) il cui gusto è un merge tra candeggina, lisciva (do you remember lisciva?) ed ammoniaca. Niente male, davvero, per pulire le fughe tra le mattonelle…
Bene, satolli andiamo a letto, scoprendo anche che i materassi sono ancora (o definitivamente) ricoperti di quella bella plastica dura che ti sembra di dormire su un letto ad acqua. Sarà la stanchezza, ma comunque si dorme, anche perché rinfrancati dalla decisione del Líder Máximo di scappare da Alcatraz (“Su quest’isola ci crescono i crisantemi?” Cit. Fuga da Alcatraz) e di provare a tronare al Musangano Lodge. Applausi per lui e via.
Martedì 16 aprile. Destinazione Triashill
Colazione ad Alcatraz e scoperta di una simpatica decorazione sulla ceramica del bagno della mensa che riporta alla mente una altrettanto simpatica filastrocca di quando ero piccolo relativa al cleaning post defecazione (contattarmi in DM per la declamazione).
Partenza per Triashill dove verrà inaugurato l’ambulatorio dedicato alla mamma di Ornella ed alla mamma di Simone alle quali lo stesso Simone rende un bell’omaggio nel suo discorso inaugurale.
L’arrivo a Triashill Mission ci fa scoprire un complesso molto ben organizzato, sicuramente più di St. Michael, ma l’atmosfera di emozione e commozione che si respira è comunque la stessa.
La Messa che avevamo perso a St.Michael per l’arrivo tardivo la prendiamo a Triashill, intervallata da molti canti. Poi i balli, che mi vedono in configurazione John Travolta, per i quali sono tuttora in contatto con la ululating lady (Talence) del coro. Grande partecipazione delle persone ai balli, l’atmosfera è da Studio 54!
Ovviamente soliti, e meritati riconoscimenti per Stefano che ci coinvolge sempre presentandoci a tutti.
L’ambulatorio è veramente molto carino, completo e comunque faremmo la felicità di queste persone anche se lo facessimo con il Lego, per cui…
Si pianta l’albero, pranzo, canonica torta (buonissima, rilevate 5 fette a carico di Gianna, 4 a mio carico anche se quel blu di metilene forse forse…) e si riparte, destinazione Musangano Lodge (c’è chi recrimina su Alcatraz ma vabbè) per cena e poi letto perché ci aspetta il Gavia dei trasferimenti, il Galibier degli spostamenti, il Mont Ventoux delle inaugurazioni: Avila!
Mercoledì 17 Aprile: Avila
Si parte col buio, stracaricando la Land Cruiser di tutte le valigie sul portapacchi che accoglie anche il paraurti della Hiace che Lawrence ha sbarbato dalla stessa dopo un urto contro qualcosa (non c’ero, ero sulla Presidential car…).
Questa volta sarà presente all’inaugurazione anche il Vicario della Diocesi di Mutare (ed il Signore sa quanto ci sarà utile…) con il quale viaggia Sister Noline, altro perno dell’organizzazione insieme alla incommensurabile, inarrivabile, irraggiungibile Julia.
Partiamo per Avila con l’idea di affrontare questo Moloch, ed in realtà la strada che percorriamo è molto bella e sembra di essere in montagna. Dopo la sosta per la pipì e per una veloce ripartizione tra mezzi delle colazioni al sacco (non facile versale il caffè in corsa, però) si comincia a salire, a salire ed a salire. L’orografia ci insegna che dopo la salita c’è sempre una discesa e qui, primo problema. I freni dello Hiace, stracarico di persone, cominciano a salutarci fino al punto che il pedale del freno, premuto con la mano, va tranquillamente a fine corsa. Addio sogni di gloria ma…
…ci affianca un pick up sul quale Sister Noline è in compagnia del Vicario della Diocesi che verrà ad Avila. E’ un segno?
Battuta: è arrivato il Vicarrioattrezzi!
Il buon Vicario si prende i bagagli ed un po' di persone, la Land Cruiser si prende le altre e mandiamo Lawrence a riparare i freni dello Hiace. Che cosa gli avranno fatto è cosa sconosciuta, sta di fatto che dopo la riparazione il van frena correttamente. Bene così, ma andiamo perché Avila è ancora…vicina!
Incredibilmente ci arriviamo senza particolare affanno (anche se l’episodio freni ci ha rallentato sensibilmente), solita accoglienza festosa, forse stavolta un po' meno organizzata (fa anche molto caldo a dire la verità), partecipazione alla Messa (celebra anche il Vicario) dedica dell’ambulatorio ai genitori di Marina (assente per motivi personali) e consegna dei regali. E qui appare lo scultore dell’anno, un artista cieco, che dona opere sia a Stefano (un improbabile fermaporta, teiera, rinoceronte, ferro da stiro da 5 chili di peso, ribattezzato il gobbo di pietra), alle autorità (meno ingombrante ma rotto…) ed a tutti (ciondoli in pietra).
Inutile citare le battute sullo scultore cieco, ma tutti si immaginano il velocissimo turnover delle sue unghie…
Piantiamo l’albero, pranzo, briefing post pranzo e si riparte non più verso il Musangano Lodge (non c’era posto) ma verso il Rhodes Nyanga Lodge, piacevole con i suoi pratini, ma incredibilmente rievocativo dell’Overlook Hotel (“All work and no play makes Jack a dull boy” Cit. Shining). Per fortuna che l’accoglienza e la professionalità della cameriera (employee of the year) stemperano questa situazione kubrickiana.
Qualche problema tecnico (docce poco funzionanti, luce che salta) ma figuriamoci se ci fermano queste cose, anche perché domani ci aspetta i’ricreativo ed andremo al Nyanga ed alle Mutarazi Falls dove ci sono sia una bella Skywalk che una ancora più eccitante Zipline…
A cena Stefano ci comunica che per l’indomani (peraltro festa nazionale) è stato convocato dal Vescovo della Diocesi e, chiaramente, non può mancare l’incontro. Ci troveremo direttamente alla Zipline.

Giovedi 18 aprile: Nyanga
Due gruppi quindi, con il nostro rappresentante speciale Sergio che accompagna Stefano dal Vescovo insieme a Julia e ad uno degli autisti, e gli altri nello Hiace con Lawrence.
Esplorazione del parco del Lodge e primo incontro di alcuni di noi con le scimmie. Viene registrata una significativa prova di coraggio assieme al record stagionale sulle 50 yards…
Appuntamento alle Mutarazi Falls (chissà se ce la facciamo a trovarci).
Ed invece, dopo una breve escursione nel Nyanga (massacrando ancora un po' il van), una ascesa per boschi attraverso una scorciatoia leggermente sconnessa, una sosta per la strada per comprare banane ed ananas (crasi bananas), come d’incanto arriviamo quasi in sincrono al luogo dell’appuntamento. Dalla Land Cruiser spunta anche un pallone che da, quanto ce l’hanno fatto pagare, dovrebbe come minimo quello della finale della Coppa d’Africa…
Breve spuntino a base di frutta e via per la Skywalk e la Zipline!
Contrattazione sul prezzo, formalità tecniche di rito e siamo pronti. Alla fine del primo tratto della Skywalk  quelli che faranno la Zipline proseguono e gli altri tornano indietro.
Ascesa al picco da cui parte la Zipline piuttosto faticosa anche perché carichi di casco, moschettoni, carrucole, etc…in più sta cominciando a piovere.
Arriviamo in cima, la pioggia aumenta, ed i buoni propositi di fare la Zipline cominciano a trasformarsi in evidenti “ma chi cazzo me l’ha fatto fare”, anche perché nonostante le istruzioni e le rassicurazioni dell’addetto, il baratro è sufficientemente inquietante e l’idea di finirci dentro non è il massimo, meno male che abbiamo il casco…
Ma, come avrebbe detto Valerio, Alea iacta est! Per cui, dopo aver formato le coppie che andranno giù sulle due Ziplines parallele, chiedo ripetutamente se si arriva agilmente alla piattaforma finale, perchè mi vedo già zampettare a ennemila metri di altezza sospeso nel vuoto. Realizzo che c’è un blocco che ti impedisce di tornare indietro ed è già qualcosa, ma non sono così convinto…
Comunque vada si parte e devo dire che il primissimo impatto con il vuoto è abbastanza impressionante, poi in realtà il resto della discesa non dico che è banale, ma lo si fa piuttosto agilmente (credo che una seconda discesa ce la goderemmo di più), ma poi arriva la resa dei conti e mi ritrovo alla fine con le gambine che si muovono nell’aria perché la mia massa non è sufficiente a portarmi fino alla fine (un po' come la foto dell’ex Presidente Giovanni Leone che non toccava terra dallo scranno presidenziale). Meno male che siamo già in zona di sicurezza.
Il tutto tra le, giustamente, grasse risate degli astanti che filmano le nostre discese, registrando un paio di nitidi “Juve Merda” che risuonano di valle in valle (ma attenti al karma…). Vengo recuperato dall’addetto e subisco le, legittime, prese per il culo (meritate).
Fatta anche questa, nel frattempo smette di piovere, e si riparte, destinazione La Rochelle Lodge da dove il giorno dopo partiremo per l’ultima inaugurazione a St. Andrews. Solita mulattiera scorciatoia e ci siamo.
La Rochelle è molto accogliente, siamo in un ambiente simil coloniale, ben tenuto e curato. La cena è sotto un accogliente portico che affaccia su un bel prato (al buio si vede male ma l’indomani sarà più chiaro…). A parte la trota al sangue (se lo sapevo prendevo un rosso anziché un bianco…) cena piacevole corroborata dalla vittoria dei Viola in conference. Valerio non in perfetta forma con il mal di gola.
Cena nobilitata dal discorso del Presidente che tira un po' le fila della nostra spedizione e ci ricorda quanto sia importante per queste persone la nostra presenza hic et nunc, concetto ripreso e ribadito da Julia. Ascoltiamo con attenzione, con la testa e con il cuore.
Venerdì 19 Aprile: St. Andrews
Colazione sotto il portico da cui ora si vede bene il pratino, coperto da una leggera patina di rugiada visto che è in ombra, morbida lavagna su cui lasciare un ricordo…che cos’è il genio? Fantasia, intuizione, colpo d’occhio e rapidità d’esecuzione.  Ed ecco che in breve sul pratino compare una significativa JUVE MERDA (che nella frenesia realizzativa si legge più MERDA JUVE ma invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia), ma attenzione al karma.
Colpo di scena: Valerio non si sente bene e preferisce rimanere nel lodge privando la squadra italiana (si perché nel pomeriggio al St. Andrews è previsto un incontro di calcio tra Italia e Zimbabwe) di un pilastro fondamentale. Vedremo come rimediare.
A St. Andrews ci sono meno persone, perché è in atto un’epidemia di colera e gli organizzatori hanno preferito limitare il numero di partecipanti, ma non per questo è meno sentita e partecipata, con l’intervento del Vescovo che fa una bella omelia, sintetica ed efficace, sottolineando come il vero valore della nostra attività sia proprio il voler essere fisicamente presenti là dove interveniamo. In sostanza, a dare i soldi sono buoni (quasi) tutti, pochi però ai soldi aggiungono anche la loro presenza fisica, che per queste persone è fondamentale, e bravo Vescovo!
Momento di panico alla consegna dei borsoni con il materiale medico, non si trova la chiave del lucchetto…chi ce l’ha? Ma, ovviamente, la Gianna!
Scambio di regali, inaugurazione (dedicata ai Manzonauti USA) piantumazione dell’albero, pranzo, briefing, e…

LE IMMAGINI DELL’INCIDENTE, PER LA LORO DRAMMATICITA’ NON VENGONO NE’ RIPRODOTTE NE’ DESCRITTE

Di fatto due uomini in meno, ma l’assetto disegnato dal Mister che schiera un 1 -2- 3 porta la squadra ai calci di rigore, nonostante la maggiore freschezza atletica degli avversari.
La sconfitta ai calci di rigore, che vede Ferdinando sacrificare un dito sull’altare dell’agonismo, viene accettata serenamente anche perché la vera vittoria è vedere la gioia dei bambini nel momento in cui viene regalato loro il pallone.
La mia paura è che la caduta dopo l’inciampo abbia insistito sulla clavicola fratturata a dicembre con conseguente iter conservativo (tutore, riabilitazione ecc..) al quale sinceramente rinuncerei volentieri
Che fare degli infortunati? Si parla di Villa Stuart (i calciofili capiranno…) ma si riparte verso Mutare dirigendosi verso un centro diagnostico all’avanguardia, accompagnati da Sister Noline e Julia.
Al centro Ferdinando, sfruttando una vecchia sbucciatura sul ginocchio, mette in atto un tentativo di barcaglio con l’infermiera che alla fine cede alle insistenze e si dedica solo a lui lasciando il sottoscritto in un letto di dolore (ma sempre con la battuta pronta).
Il tecnico radiologo mi fa entrare nella stanza con il macchinario bello bianco e rosso, ah no il rosso è ruggine…mi fa la radiografia, si accorge della frattura preesistente ed alla mia domanda se veda nuove fratture risponde con un “so far so good” che mi incoraggia anche se ho un po' di dolore. L’esame sommario delle radiografie (stampate sostanzialmente su carta, inutile aspettarsi CD o lastre vecchia maniera) da parte di ortopedici amici ai quali sono state inviate via whatsapp in realtà potrebbe fare pensare ad una nuova frattura ma la qualità della radiografia li assolve da qualsiasi accusa di malasanità.
Rientro a La Rochelle con morale un po' sotto i tacchi, cena, tachipirina e a letto. Notte tranquilla, c’è di che essere fiduciosi ma sempre con un po' di giramento  di palle.
Sabato 20 Aprile: Harare
Grazie a Julia c’è la possibilità di far vedere le radiografie ad un ortopedico, ragione per cui io e Ferdinando (Les Invalides) insieme a Julia ed a Chiara ci dirigiamo diretti ad Harare mentre il resto del Gruppo fa una tappa per vedere le Balancing Rocks.
Il medico è molto gentile, mi conferma che secondo lui c’è una piccola nuova frattura e che il braccio al collo (suggerito anche da uno degli ortopedici sentito per whatsapp) è raccomandabile, mentre “opera” Ferdinando steccandogli il dito infortunato.
Battuta: “ a forza di inaugurare ambulatorio, in uno ci siamo anche dovuti andare, meno male che non abbiamo inaugurato cappelle mortuarie…”
Come nuovi usciamo dall’ambulatorio e ci dirigiamo verso un mercato che per lo più vende falsi ma anche alcuni prodotti di artigianato locale comprando i quali riusciamo a lasciare sul campo un bel po' di dollari. Chiara si dimostra un vero e proprio Piano Marshall per lo Zimbabwe. Nobel per l’Economia.
Via in albergo (Hotel Meikles, confortevole) per essere pronti per la cena con Benjamin Mukandi CEO di Freightworld, chissà, saremo suoi ospiti? Siieeee…
Prima di andare a cena saluto definitivo a Julia ed ai due autisti che ci hanno accompagnato fino ad adesso, grazie ragazzi!
Dopo qualche incertezza sulla strada (ricordo che l’illuminazione stradale è praticamente inesistente) per arrivare al ristorante, ci siamo, musica assordante da rave party e griglie di dimensioni industriali che restituiscono carni cotte di tutte le specie. Fortunatamente il tavole per la cena è un po' distante dalla bolgia e si riesce a mangiare ed a parlare abbastanza bene.
Appena arrivati ci presentano una serie di bottiglie di vino che sembrano interessanti e, ricordando che fino a qui abbiamo bevuto per lo più birra e che le esperienze con il vino non sono poi state proprio esaltanti, ci lanciamo a tirare il collo alle bottiglie che ci sembrano più interessanti (praticamente quasi tutte).  Interessante un Sauvignon Blanc ed un Pinotage, ma complessivamente buoni vini, e in cuor nostro ci complimentiamo con il nostro anfitrione Ben, per l’accoglienza etilica riservataci.
Il realtà non sappiamo che cosa contenga il bicchiere di Ben, che si autorigenera, rimanendo sempre pieno anche dopo la bevuta, probabilmente una bevanda con formula segreta simile a quella di John Pemberton.
Anche la carne si rivela molto buona con menzione special per lo stinco di maiale.
Ma il vero coup de théatre è merito di Sergio che, da vero signore, ordina una bottiglia di whisky alla quale attingono praticamente tutti, portando il coefficiente etilico della serata a 4,2 (migliore prestazione stagionale per tavolate con più di 10 persone).
Praticamente, omaggio a Valerio, “bibit hera, bibit herus, bibit miles, bibit clerus, bibit ille, bibit illa, bibit servus cum ancilla…”
Il rientro in albergo, forti del 4,2 sopra citato, ci vede protagonisti nel corridoio di un simpatico siparietto allo scopo di verificare i pesi delle singole valigie, visto che domani dovremo prendere l’aereo per le Victoria Falls e dobbiamo redistribuire i pesi (gobbo di pietra compreso).
Domenica 21 Aprile: Victoria Falls
Eccoci pronti per partire, belli come il sole arriviamo all’aeroporto di Harare dove dopo un po' di esitazione (hall dei voli domestici chiusa) ci mandano al giusto gate per prendere il piccolo aeroplano che ci porterà alle Victoria Falls .
Organizzazione di Stefano ancora una volta impeccabile, taxi prenotati per tempo e taxi bloccati con tempismo appena arrivati a Victoria Falls.
Il tempo di lasciare le valigie nel lodge (A’ Zambesi River Lodge) e si riparte per le Victoria Fall dopo avere organizzato, dopo un po' di consultazioni sulle quali siamo tutti d’accordo, l’escursione del giorno successivo al Chobe Park (più vicino del previsto Hwange). Durante la strada primo contatto con gli animali, le immancabili scimmie ed anche le giraffe.
Eccoci di fronte all’ingresso delle Victoria Falls, prigionieri di una fast track che non scorre. Alla fine entriamo e ne vale veramente la pena. Spettacolo maestoso, con questa nebbia acquea che forma arcobaleni ovunque e conferisce un aspetto magico alla visione.
Ancora una volta applausi per chi ha insistito per il prolungamento del viaggio che comprendesse le Victoria Falls. Giriamo in lungo ed in largo il sito con foto di tutti i tipi, singole, di gruppo, asciutte, bagnate etc…veramente un posto magico. E siamo anche stati fortunati perché questo è il momento migliore per vedere le cascate, nonostante la siccità incomba, con salti d’acqua di un centinaio di metri.
Nel ritorno verso l’uscita incontriamo una strana coppia (Charles ed Amanda) che sembrano lui un pastore evangelico tipo James Brown (“Can you see the light?” Cit. The Blues Brothers) lei la sorella maggiore di Sade. In realtà parlandoci scopriamo che anche loro sono impegnati in attività umanitarie anche se su scala decisamente più larga (il progetto che ci fanno leggere potrebbe essere presentato a Wall Street…) ma la chiacchierata con loro è molto interessante. Ovviamente Stefano, come ha sempre fatto, scambia contatti e informazioni anche con loro.
Un breve passaggio sul web https://www.newsday.co.zw/thestandard/2015/03/15/star-profile-amanda-badze ci fa vedere come lei sia un’artista di fama quasi internazionale. Lui  rimane un pastore evangelico.
Al mercatino fuori delle Victoria Falls, in attesa della navetta per il Lodge, altre piccole spese così per non perdere l’abitudine e via verso il lodge per doccia cena ed a letto presto siamo un po' cotti. Prima di dormire vediamo che un bufalo (uno dei temibili big five) bordeggia placido il prato del Lodge.
Lunedi 22 aprile: Chobe Park
Partenza con bus (dal quale osserviamo anche gli elefanti) verso le jeep che ci porteranno a giro per il parco, sbrighiamo le formalità burocratiche per l’ingresso in Botswana, transitando anche in una pozza a scopo purificatrice delle suole, riempiamo i necessari form e pronti per il game nel parco.
Notiamo che il posto di frontiera si chiama Kazungula…
Occupiamo sostanzialmente due jeep, con conducenti Biki e T.H. (quest’ultimo quello della nostra jeep molto cortese e preciso che non lesina spiegazioni su animali e loro abitudini).
Il game ci fa vedere molti animali, giraffe, bufali, elefanti ippopotami, una quantità di uccelli che nemmeno una pornostar ma, soprattutto, il leone,  prima dormiente poi desto. Beh fa una certa impressione in effetti ed è bravo il nostro T.H. a portarci a vederlo. Tra l’altro T.H. come ho scritto sopra è molto prodigo di informazioni sugli animali, scopriamo quindi che l’ippopotamo non suda, che il marabù è una specie di iena volante (nel senso che mangia le carogne), che l’aquila africana kingfisher se ha piume bianche sul collo è più giovane di 5 anni e così via. Bella tra l’altro l’escursione del bush anche fuori dai consueti sentieri alla ricerca di animali che non abbiamo ancora visto ( e che non vedremo, tipo leopardo).
Pranzo e ripartenza sulla barca (non ci facciamo mancare proprio niente, bravo a chi ha organizzato questa escursione) che costeggia il confine con la Namibia, ci fa vedere i coccodrilli e ci riporta alla jeep.
Al Lodge arriviamo ancora una volta cotti, il tempo di fare una doccia e briefing nella hall per l’effettuazione del check in, operazione che fa l’efficientissima Paola dotata di PC, per il ritorno definitivo di domani.
Ultima cena, finiamo la bottiglia di Whisky che Valerio aveva portato dalla cena con Ben…,, qualche riflessione finale da parte di tutti sulle singole esperienze del viaggio, laddove tutte convergono sul fatto che torniamo a casa con qualcosa in più rispetto a quando siamo partiti. Opinione comune anche il fatto che il gruppo è ben amalgamato ed ognuno è rispettoso degli altri cosa non trascurabile.
Martedi 23 Aprile: Ritorno
Partenza con calma (la prima del viaggio…) lasciato sul campo qualche altro dollaro prima (al Lodge, con camicia top di Valerio) e dopo (peraltro scoperto all’aeroporto un negozio vintage decisamente il top)  e destinazione…Addis Ababa? Ma nemmeno per idea! Ancora una volta la lotteria della programmazione ci porta a fare scalo a Gaborone prima di arrivare in Etiopia. Quando all’aeroporto di  Addis Ababa scopriamo che il nostro volo oltre che Milano prevede anche Zurigo, si insinua il dubbio che prima di arrivare a casa si faccia un salto in Svizzera, così non è per fortuna.
Il resto è…Italia, Malpensa, Malpensa Express (preso al volo), Italo 9927 MI-FI (sul quale, non visto da alcuno di noi, si insinua nella carrozza 10 un ragnetto tossico…).

Non aggiungo alcun commento, dico solo che sono felicissimo di avere fatto con, in ordine rigorosamente alfabetico
Chiara (NanaMuta)
Ferdinando (Ferdy)
Gianna (O.J.Janna)
Julia
Lassi
Laura (IV*)
Lawrence
Monica (Lady Manz)
Noline
Ornella (Cornellia)
Paola (ZamPa)
Sergio (SerJo)
Simone (Hugolinus)
Stefano (Manz)
Valerio (Valerius)
questa esperienza.
Un abbraccio a tutti, Ale (OmoGatto).
 

Commenti

  1. Grazie Alessandro per averci raccontato questo incredibile viaggio .Penso che sia un viaggio indimenticabile .Bravi e grazie a tutti .

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