Quegli sguardi di Cesare

Quegli sguardi di Cesare

Spesso mi torna a mente. Spesso mi riappare nel sonno.
E’ lo sguardo di mio nonno Cesare.
Anzi gli sguardi. Perchè ce n’erano due di sguardi che si sono stampati indelebilmente nella mia memoria. Quello ironico e quello fiero.

Quello ironico è quello della domenica mattina. Quando si faceva la barba. Appariva dalla camera, come un attore uscito da un film neorealista. Camiciola begiolina e pantaloni del pigiama, a righe. Io lo aspettavo, seduto su uno sgabello, fuori della porta del piccolissimo bagno. Sapevo che di lí a poco si sarebbe celebrata una scena teatrale ed una cerimonia a cui mai avrei voluto mancare. Con fare lento, ma inesorabile, apparecchiava tutto il necessario: sapone da barba, bacinella, pennello, rasoio, acqua velva. Si lavava metodico la faccia ed ogni minimo anfratto del suo viso affilato e un po’ spigoloso. Poneva, meticoloso, un ricciolo di sapone sul pennello, lo bagnava appena e poi partiva la funzione. Lentamente, ma inesorabilmente, strusciava il pennello con agili mosse circolari su tutta la barba ispida. Passava, ripassava e ripassava ancora su ogni centimetro di cute, su ogni singolo pelo. E la schiuma montava sempre piu’. Poteva durare anche dieci minuti . Ma alla fine il suo viso era come il sopra di una bella torta Montebianco. Era giunto il momento del rasoio. Lo prendeva e osservava attento il luccichio appropriato della lama metallica. Mi sembra che aspettasse lo scoccare di una scintilla, di un bagliore. Poi, partiva la rasatura. Anch’essa lenta e metodica. Sempre lo stesso percorso. Più volte. Fino a questo punto Cesare mi aveva completamente ignorato. Ma stava per arrivare il momento fatidico. Aveva già tolto il grosso della barba, ma rimanevano da fare le rifiniture. Soprattutto nei due lunghi solchi che aveva sulle gote. Ecco il momento da me tanto atteso. Gonfiava, gonfiava, gonfiava la gota fin quasi a farla scoppiare. E tendeva, tendeva, tendeva la pelle fino a renderla liscia come un gluteo bello sodo. Io lo guardavo affascinato. Era il mio super eroe. Ed in quel preciso istante, poggiava di nuovo il rasoio sulla pelle tesissima e, per la prima volta, mi rivolgeva il suo sguardo. Era lo sguardo piu’ ironico e buffo che si possa immaginare. E che subito virava in un formidabile occhiolino.

Lo sguardo fiero è quello del suo ultimo giorno di vita. Eravamo all’ospedale. Nel corridoio accanto alla sua camera avveniva un breve conciliabolo tra i medici ed alcuni dei suoi figli. Percepí, intuí che i medici dicevano che non c’era più niente da fare. A quella notizia lui non atteggiò il suo volto a disperazione o sconforto o afflizione. No. Lui rispose con uno sguardo, verso me e tutti i suoi cari, ricolmo di fierezza. Come il David di Michelangelo. La fierezza di chi non ha paura del dopo, di chi è convinto di aver vissuto bene, di avere seminato, di avere dato. Indimenticabile.

Grazie nonno, spero di avere imparato la tua lezione di vita. Occorre ironia e fierezza.

Commenti

  1. Grazie Stefano. Un pensiero bellissimo. Mi torna in mente "i mi babbo". Anch'io ricordo benissimo i suoi ultimi sguardi.

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  2. Bellissimo ricordo.
    Sono passati tanti anni
    Ma sembra ieri.Anche a me sono rimasti impressi tutti i suoi movimenti.
    Io e Cesare avevamo un bel filing .Appena mi vedeva
    preparava le carte per giocare .Io sempre in coppia con lui.
    Grandi i miei suoceri .Gli ho voluto tanto bene

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